Progetto riabilitativo

Ecco un abstract del progetto riabilitativo del Centro Diurno Integrato Villa Nappi. Il progetto completo può essere richiesto alla direzione.

“Non si può creare una memoria, ma si può creare un’esperienza altrettanto potente della memoria” (M.Jones)

Progetto riabilitativoIl progetto riabilitativo del Centro Diurno Integrato VILLA NAPPI prevede un programma di intervento, interdisciplinare e integrato, strutturato in misura compatibile con il livelli di compromissione cognitiva e funzionale degli ospiti.
È bene precisare tuttavia che l’ottimizzazione delle riserve cognitive ancora presenti nella persona malata di demenza e la compensazione delle disabilità, rendono più opportuno parlare di “attivazione cognitiva” piuttosto che di riabilitazione. Se risulta impossibile infatti ripristinare le funzioni compromesse, l’obiettivo primario, e l’unico realisticamente perseguibile di tutti gli interventi realizzati, è quello di rallentare la progressione della malattia provando a compensare il declino cognitivo e funzionale causato dalla stessa.
A supporto di questo approccio si collocano gli studi di Katzman (1988) sulla riserva cerebrale e di Eriksson (1998) sulla plasticità neuronale che suggeriscono come lo sviluppo di meccanismi alternativi e la compensazione di funzioni perdute possano di fatto rallentare il deterioramento cognitivo e funzionale. Va detto inoltre che la precocità degli interventi è di fondamentale per  importanza per il rallentamento e il contenimento dei sintomi e per evitare che si sviluppino disabilità in eccesso.
L’attivazione, infine, all’interno del nostro centro è intesa come “attivazione globale” e non esclusivamente cognitiva. Le possibilità riabilitative per il paziente demente non vanno identificate con la sola stimolazione cognitiva, “ma è tutto il campo delle disfunzioni vitali, personali e sociali, che deve essere valutato, stimolato e aiutato” (Zanetti, Metitieri 2002).

La scelta di una attivazione globale è motivata dalle caratteristiche della malattia:
– la demenza è una malattia che tende ad interessare vaste aree del cervello;
– la demenza è una malattia che muta costantemente non solo da paziente a paziente, ma anche e soprattutto nel tempo, e questo porta necessariamente ad adattare obiettivi e metodi della riabilitazione in funzione dello stadio clinico, ma anche della storia della persona;
– è una malattia “sociale”, in cui si ammala un intero nucleo famigliare più che una singola persona, e in cui il ruolo di sostegno di chi cura è importante quasi quanto quello del malato. La gerarchia dei sintomi e delle disabilità più importanti deve quindi essere costruita tenendo conto anche del loro impatto sull’ambiente e sulla convivenza.
Le attività proposte nel Centro rispondono ad obiettivi realistici, adeguati all’età, agli interessi pregressi, allo stato sociale, permettendo alla persona malata di riscoprirsi “persona” e di assumere un ruolo nel gruppo, all’interno del quale riconoscersi.

Gli interventi di “attivazione” attuati si fondano sullo studio, sulla analisi, sulla rielaborazione e sull’adattamento di interventi noti, nel tentativo di individuare i punti di forza e i limiti di ciascuno e di elaborare un sistema che integri modalità di approccio differenti, quali specifici protocolli di intervento di “attivazione cognitiva” (Reality Orientation Therapy, Memory Training), interventi di tipo psicologico (Terapia di Reminiscenza, Interventi di Validazione) inseriti in un approccio di carattere psicosociale (Approccio “Person Centred” di T. Kidwood ), validante (Validation Therapy di Naomi Feil) e protesico (approccio Gentle Care di Moyra Jones).

L’approccio Gentle Care in particolare si caratterizza come un approccio protesico alla cura della persona con demenza, che accoglie e supporta piuttosto che cimentare o sfidare il malato e che ha come obiettivo principale il benessere, inteso come miglior livello funzionale possibile per quel singolo malato, in assenza di segni di stress. Con il sistema Gentle Care le persone, operatori e caregiver, sono intese come “agenti terapeutici” fondamentali per la persona demente e per questo necessariamente legati tra loro dalla progettazione e condivisione quotidiana del programma terapeutico del paziente.
Gli interventi di Gentle Care, in sintesi, si orientano su tre direttrici principali:

  • Ridurre lo stress, ovvero eliminare o limitare il più possibile le condizioni che possano creare stress al paziente.
  • Aumentare il benessere, ovvero individuare gli aspetti e le situazioni che favoriscono il benessere del paziente (dal soddisfacimento del bisogno di sicurezza e integrità biologica attraverso controllo del dolore, l’assunzione di posizioni confortevoli, i riposi adeguati, la conservazione dell’energia al soddisfacimento del bisogno  di appartenenza alla possibilità di ritrovare autostima e possibilità quotidiane di autorealizzazione).
  • Ricercare i punti di forza del paziente e individuare delle protesi per lui più funzionali attraverso l’ausilio di protesi rappresentate da qualsiasi elemento (oggetto, spazio, situazione, immagine, suono, musica, attività) che ha un effetto positivo per il benessere della persona assistita.

La nostra filosofia dell’intervento trova infine un suo fondamento nel concetto di “capacitazioneproposto da Pietro Vigorelli ovvero nell’idea che ogni intervento realizzato debba basarsi sulla ricerca costante di una alleanza terapeutica con la parte sana del paziente. La costruzione di una alleanza terapeutica parte dal riconoscimento della complessità dell’io del soggetto; ogni paziente ha un io deficitario, malato appunto ma soprattutto, un io sano, funzionale, competente e consapevole della propria malattia. Fine ultimo di ogni intervento è quello di creare le “condizioni per cui la persona possa svolgere le attività di cui è ancora capace così come è capace, senza sentirsi in errore” e di adoperarsi per “la felicità del paziente, prescindendo dalla correttezza dell’azione da svolgere” (Vigorelli 2002).

Le attività del centro sono ispirate ad una filosofia di cura e assistenza centrata sulla persona, riconosciuta come soggetto attivo, con una storia, un’identità e una personalità.
Tale modello assistenziale, dunque, rompe gli schemi tradizionali e arcaici secondo i quali i pazienti subiscono la routinaria attenzione degli operatori, a favore di un modello partecipato nel quale la persona è un soggetto attivo, avente diritto ad un servizio di qualità e nel quale viene chiamato in causa, perché tarato in base ai suoi specifici bisogni.

Il sistema integrato di prevenzione e contenimento dell’invecchiamento cerebrale è organizzato in diverse aree: area riabilitativa di tipo cognitivo, area riabilitativa di tipo neuromotorio, area socio-affettiva, attività di animazione e socializzazione, attività trasversali.

L’area riabilitativa di tipo cognitivo, finalizzata a rafforzare le abilità cognitive residue e contenere il decadimento delle abilità compromesse dalla malattia, comprende le seguenti attività:

R.O.T. – Reality Orientation Therapy
La R.O.T. è uno degli interventi alla persona più diffusamente destinati alla riabilitazione di pazienti affetti da demenza che presentano deficit mnesici, episodi confusionali e disorientamento temporo-spaziale. Il principale obiettivo della R.O.T. consiste nel riorientare il paziente, per mezzo di stimolazioni ripetitive multimodali (verbali, visive, scritte e musicali), rispetto alla propria storia personale, al sé, all’ambiente e al tempo. Tale obiettivo può essere perseguito tramite due modalità di intervento fra loro complementari:la R.O.T. informale ela R.O.T. formale (o R.O.T. in classe).  La prima (informale) si basa sulla introduzione di facilitazioni temporo-spaziali nell’ambiente di vita del paziente (un esempio consiste nell’avvalersi di particolari calendari) e prevede il coinvolgimento attivo di operatori sanitari e/o familiari. La seconda (formale) consiste in sedute giornaliere condotte all’interno di gruppi formati da 4-6 soggetti, omogenei sul piano della compromissione cognitiva, per circa un’ora al giorno, in un ambiente idoneo, il più possibile simile a quello di una abitazione ed è condotto da personale specializzato. Sul piano operativo la R.O.T. prevede: attività di orientamento temporale, spaziale, di riappropriazione corporea e di stimolazione sensoriale.

Terapia della Reminiscenza  – Life Review Therapy
La Terapia della Reminiscenza consiste in un intervento riabilitativo psicosociale in cui grande importanza assumono “i ricordi”, considerati spunto per stimolare le risorse mnesiche residue e per recuperare esperienze emotivamente piacevoli. Fondandosi sulla naturale propensione dell’anziano a rievocare il proprio passato tale intervento utilizza il ricordo come strumento indispensabile per gettare un ponte tra passato, presente e futuro, al fine di interpretare e vivere meglio la realtà quotidiana. Tale processo si sviluppa potenziando le capacità mnesiche remote, integrando i ricordi passati con quelli recenti e ampliando la memoria recente.La Terapiadella Reminiscenza può svolgersi in modo informale (spontaneamente durante gli incontri giornalieri) o inserita nell’ambito di un’attività strutturata, individuale o di gruppo. In quest’ultimo caso i pazienti in una prima fase vengono incoraggiati a parlare del loro passato, a ricordare e riportare al gruppo esperienze vissute durante l’età adulta e l’infanzia; successivamente, vengono stimolati a verbalizzare i loro problemi attuali e ad ascoltare quelli degli altri favorendo un processo di introspezione e comprensione empatica, così da raggiungere un sempre maggior adattamento al presente ed un miglior livello di socializzazione. L’utilizzo di questa metodica sembra poter significativamente contribuire a prevenire il processo di disintegrazione della personalità, garantendo l’allenamento mentale necessario per l’attività introspettiva, arricchendo i propri ricordi e facilitando gli aspetti relazionali.

Memory Training
Particolarmente indicata per pazienti con deterioramento lieve o anche con smemoratezza benigna dell’anziano, tale tecnica consiste nell’indurre il soggetto ad associare spontaneamente la cosa da ricordare a persone, animali, episodi e momenti appartenenti al proprio vissuto. Essa si basa sull’idea che ogni informazione viene tanto più facilmente appresa quanto più risulta motivata ed affettivamente vissuta. Tale tecnica si attua in due momenti: uno strutturato, costituito dalla seduta di memory training vera e propria, l’altro non strutturato, che accompagna il paziente per il resto della giornata. La durata della terapia è di 60-75 minuti circa, con una frequenza di 2-3 volte la settimana. Il programma prevede l’utilizzo di una serie di materiali capaci di stimolare i vari canali sensoriali per acquisire quelle informazioni che dovranno poi essere richiamate alla memoria. Sarà pertanto essenziale favorire l’esecuzione di associazioni spontanee con persone, animali, oggetti, momenti della propria vita quotidiana, anche in virtù del fatto che fattori emotivi e motivazionali giocano un ruolo centrale nell’attività della funzione mnesica.

Mnemotecniche
Consistono nell’insegnamento di particolari tecniche o strategie per rendere il ricordo facilmente accessibile. All’interno di queste ultime è possibile annoverare la Tecnicadi Spaced-Retrieval. Essa si concretizza nel recupero di una stessa informazione, per esempio l’associazione nome-faccia, ad intervalli di tempo crescente. Interventi riabilitativi che adottano questa tecnica si sono dimostrati efficaci nell’identificazione di oggetti, nell’associazione nome-faccia, nella collocazione spaziale di oggetti, nonché nella programmazione di attività quotidiane (memoria prospettica) (Backman 1996).

Training cognitivi computerizzati
Sono rivolti a pazienti affetti da demenza lieve. L’intervento si pone come finalità la stimolazione e il rinforzo di funzioni cognitive specifiche. Al paziente vengono proposti esercizi da tavolo con la carta ed esercizi al computer.

Terapia basata sull’accettazione della realtà nella quale il paziente è convinto di vivere

Validation Therapy
Viene proposta come tecnica di comunicazione in pazienti con demenza che credono di vivere in epoche precedenti della propria vita. Tale tecnica si fonda sulle capacità di ascolto del terapista: egli deve cercare di mettersi dal punto di vista dell’anziano, guardando il mondo con i suoi occhi al fine di creare contatti emotivi significativi. Il principale obiettivo non consiste nel riportare il paziente alla realtà attuale, piuttosto nel sintonizzarsi con il suo “mondo interiore” per cercare di comprendere quali sono i sentimenti, le emozioni e i comportamenti che derivano da questo suo rivivere esperienze, relazioni e conflitti passati. Le finalità di questo metodo perciò si concretizzano nel migliorare la comunicazione verbale e non verbale, chiarire i contrasti non risolti del passato, dare un senso al presente riducendo lo stato di tensione emotiva, restituire al soggetto la sua dignità e dare un senso alla sua vita. Tale terapia può essere attuata singolarmente o in gruppo (5 o 10 partecipanti).

L’area riabilitativa di tipo neuromotorio, prevede la realizzazione di un Programma di riabilitazione motoria individuale  articolato e calibrato alle esigenze del paziente, utilizzando diversi  trattamenti al fine di perseguire il massimo recupero motorio e funzionale. A tale scopo sono applicate metodiche volte al controllo del dolore, a contrastare le complicanze secondarie dell’immobilità o della rigidità, a stimolare la motilità attiva, la coordinazione motoria e la riprogrammazione posturale per il recupero dello schema corporeo. Le attività possono riguardare:

Tecniche di Rieducazione Neuromotoria:  Trattamento a letto, controllo posturale, Esercizi di equilibrio, Trattamento Kabat-Bobath-Grimaldi-Perfetti;

Programma di riabilitazione di gruppo. Tale programma è realizzato all’interno di gruppi costituiti da soggetti che presentano caratteristiche simili e per i quali sono indicate le stesse finalità riabilitative.

Kinesiterapia di Gruppo è una particolare terapia manipolativa usata in fisioterapia che si prefigge la riabilitazione e la rieducazione funzionale di singoli muscoli o gruppi muscolari o dell’intero organismo.

Programma di Ginnastica dolce è un progetto di gruppo che persegue l’obiettivo del mantenimento delle abilità residue per i soggetti che non necessitano di particolari interventi riabilitativi.

L’obiettivo principale dell’area socio-affettiva è sovvertire l’abitudine di associare l’invecchiare e l’essere vecchi all’immagine dell’uomo che si incammina o è giunto alla parte finale della propria esistenza, attraverso tecniche di sollecitazione emotiva e dei vissuti, fonte e motore propulsivo della vita intesa in senso articolato. Di seguito le attività previste:

I Laboratori di reminiscenza emotiva autobiografica (REA)
I REA sono degli spazi di gruppo (massimo quindici partecipanti a gruppo) che seguono un percorso, articolabile in divenire in quanto personale, in cui le persone possono ripensare al proprio percorso di vita, scrivendone gli aspetti salienti, sempre al fine di stimolare la memoria ed aumentare l’autostima e le capacità di socializzare. Si tratta quindi di una particolare declinazione della tecnica autobiografica, che per il tramite della narrazione scritta consente la restituzione identitaria in termini di recupero e trascrizione dei vissuti. Il metodo autobiografico è studiato ed in uso da diversi anni: Duccio Demetrio è stato fra i primi promotori dell’applicazione di questa metodologia anche in età avanzata, sostenendo la funzione formativa che l’autobiografia è in grado di avere anche in questa fase della vita. Nell’ambito di questo progetto, inoltre, tale metodologia riveste un valore che è non solo formativo ma valido strumento per “riaccendere” negli ospiti la capacità e la possibilità di essere soggetti dell’attenzione altrui e per interrompere il processo di “disattenzione” che si attiva nella relazione d’aiuto da parte degli operatori verso i desideri e la personalità degli ospiti. In tale ottica è prevista la presenza di un operatore che a turno funzioni da osservatore silente nel gruppo autobiografico: tale variante applicativa ha una funzione di preservare gli stessi operatori dal rischio di una depersonalizzazione nella relazione d’aiuto. E’ necessaria, per i primi incontri del gruppo, la presenza di una figura che professionalmente possa essere ascoltatrice e trascrittrice delle esperienze. Ingenerare una riflessione metacognitiva da parte dei soggetti, ognuno secondo le proprie capacità, moltiplica la possibilità di significazione e di cambiamento. Il laboratorio REA è il progetto di un incontro fra persone, finalizzato a imparare, imparando dalla propria vita, all’interno di un’esperienza condivisa in cui ciascuno svolge la propria parte e nessuno è spettatore.

I Laboratori di progettazione di sé nel tempo (PST)
I PST si rifanno alla già citata concezione dell’anziano come soggetto in divenire e al tentativo di infondere negli stessi una educazione alla “cura di sé” intesa nel senso di dimensione progettuale autoformativa. Si rifanno al concetto di “autoefficacia percepita” di Bandura, di “fiducia” del modello di Erikson e sorgono come ulteriore tentativo di porre in essere momenti in cui l’utente si possa costituire come soggetto di speranza. La realizzazione di questi laboratori, nello specifico, si concretizza attraverso tecniche diversificate, in coerenza con i diversi livelli cognitivi che la persona vive, ma che hanno in comune la restituzione di una progettualità diversamente castrata dalla visione attualmente esistente della vecchiaia. Sono strutturati dispositivi in cui è consentito ai partecipanti innanzitutto la “presa in carico” attuale di sé, cioè di avere cura di sé nel tempo presente, vivendo la condizione dell’alternanza “dipendenza/indipendenza/dipendenza/..” come fattore spesso presente nel soggetto, ma condizione riletta in un ottica di crescita nel tentativo di alimentare un percorso di lifelong education. In questa prospettiva, invecchiare diventa una avventura cognitiva ed emozionale che si apre al futuro della vita attraverso la finestra del presente i cui vetri costituiscono la lente mnestica della messa a fuoco. L’essere umano, a qualsiasi età, ha un bisogno costante di affermare la sua autonomia cognitiva e affettiva, cioè di assumere il carico del proprio processo evolutivo ed in costante riflessione su di sé. I PST si costituiscono a partire da un lavoro autobiografico (ecco il coordinamento con i REA: fondante per entrambi è la concreta pratica laboratoriale intorno ai temi cognitivi ed affettivi della personale esperienza di vita). I primi si sostanziano diversamente nella progettazione di sé, in esperienze in cui l’utente è invitato a declinare il proprio “statuto” (autoreferenzialità) cioè la propria identità, autonomia, consapevolezza (awareness), strumentazione, il proprio sapere e i propri paradigmi di riferimento nonché le connessioni con il proprio vissuto; in pari tempo, è invitato a confrontarsi con quello degli altri e a lasciarsi confrontare, venendosi a costituire di volta in volta come soggetto e oggetto epistemico (eterorefenzialità), sotto la guida facilitatrice del conduttore. Dunque si possono evidenziare tre componenti che faranno parte e daranno vigore ai PST: la prima è una componente ermeneutica: ogni soggetto in età adulta, quando si accinge ad un percorso progettuale, investe sulla propria storia, attraverso l’attribuzione di senso. Ogni attività cognitiva ha una componente ermeneutica che assume un significato esistenziale, proponendo riscoperte e ridefinizioni dell’identità, scoprendone anche l’intrinseca molteplicità ed incompiutezza, che rende il compito autoeducativo in un qualche modo inesauribile (educazione permanente). La seconda è una componente emancipatoria: scoprirsi come soggetto attivo nella propria esperienza di cura, progettazione della sua vita, ha l’effetto di liberare energie, di decentrarsi per continuare a costruire o riprendere a costruire un percorso di vita. La terza è una componente esperienziale: non c’è apprendimento, anche in età geriatrica, che non coinvolga l’esperienza, sia come risorsa che come terreno di sperimentazione, costruzione di saperi, affetti, ecc. Le tre componenti costituiscono le coordinate metodologiche di un lavoro che si palesa non come attraversamento o come fuga dalla vita di ogni giorno, bensì come impegno a fare di essa un laboratorio di vita. E’ una metodologia che si fa progetto di vita, svelando i continui rimandi fra un già passato, il presente della vita ed un non ancora futuro – che, nel suo farsi, diviene passato e del quale serbiamo traccia nella memoria: tutto ciò costruisce ed alimenta una progettualità che restituisce speranza di vita.

I Laboratori di Narrazione e Tradizione Orale (NTO)
Gli NTO, infine, diventano il modo per fare praticamente integrazione sia rispetto a sé, alla propria storia, che al territorio nella valorizzazione della specificità locale attraverso il passaggio di tradizioni (intese nel senso di trasmissione della cultura nel tempo). La narrazione stessa, quindi, in quanto ricerca ed attribuzione di significato, assume senso e valore solo all’interno di una comunità culturale; d’altra parte il fatto che necessariamente facciamo le nostre esperienze in un contesto intersoggettivo, determina la necessità di pensare e di dire queste esperienze, attribuendo loro un significato in relazione ad un mondo e ad una cultura di riferimento; ciò è soprattutto vero nel soggetto anziano per cui attraverso la narrazione, l’esperienza è recuperata ed assume connotazioni e significati per noi e per gli altri. Può essere, come abbiamo in parte già detto,  messa in relazione con le esperienze precedenti e con quelle future, ma di nuovo, può essere condivisa e può essere apprezzata con un valore intrinseco. Sopravvivere in un mondo di significati socialmente costruiti sarebbe problematico per persone che manchino dell’abilità di costruire ed interpretare storie sulle vite che costantemente si intrecciano, nella complessità di diverse e differenti configurazioni esperienziali. Dopo aver constatato che la vecchiaia nella nostra contemporaneità è assai diversa da quella del passato (vi è una sostanziale differenza dell’anziano e del vecchio del passato rispetto a quello di oggi), anche a fronte del susseguirsi di innovazioni tecnologiche, soprattutto nel campo delle comunicazioni, il rischio è che, attualmente, l’anziano, soprattutto se non più autosufficiente, viene rimosso dall’incombenza di essere custode di esperienze e di valori, in quanto non più ritenuto capace di trasmettere e di insegnare il proprio sapere e trasformato così da soggetto “sociale” ad “oggetto” di preoccupazione sociale. Con gli NTO si vuole appunto recuperare il contatto e l’importanza che la trasmissione di cultura e quindi insegnamenti (orale o scritta) possa essere “passata”, diffusa dagli anziani ai bambini (simbolicamente espressione dell’inizio, della crescita, della capacità di sviluppo e di apprendimento), tramite l’organizzazione di incontri programmati con i bambini delle scuole elementari operanti sul territorio, restituendo alla comunità degli anziani il valore di depositari di una conoscenza troppo spesso negata sia agli stessi che ai minori, generando perdite notevoli in termini non solo educativi.

In maniera trasversale alle tre aree descritte si pongono la terapia occupazionale (laboratori ergoterapici), la pet therapy e la musicoterapia.

Nota a parte meritano i Giardini della memoria e Giardini dell’Alzheimer.

Grazie agli ampi spazi esterni di cui la struttura dispone, i Giardini della memoria rivestono un ruolo centrale. Questi ultimi sono creati specificatamente per favorire le realizzazione all’aperto di quelle attività di brain gym che, svolte in luoghi chiusi e poco stimolanti vedono depotenziata la loro efficacia. Consistono in due percorsi lungo i quali, in prossimità delle panchine, sono stati collocati dieci pannelli con altrettanti esercizi per la memoria e al termine dei quali si trova un pannello con un esercizio di auto-valutazione. L’esercizio può essere svolto in totale autonomia dagli ospiti ai quali, preventivamente, saranno state illustrate le modalità di svolgimento. La collocazione nel giardino rappresenta un evidente valore aggiunto in quanto consente di godere, per tutto il tempo necessario e anche oltre, della libertà degli spazi all’aperto, dove il movimento – grazie agli interventi di totale abbattimento delle barriere architettoniche – è senza limiti e pericoli e dove è possibile ripristinare o mantenere un contatto con la natura e i suoi bioritmi. Il giardino, quindi, è sia un luogo stimolante per la memoria, un giardino terapeutico, ma è anche un luogo fisico per la vita all’aria aperta, per le passeggiate, per le soste al sole d’inverno o all’ombra in estate, per le attività di ricreazione, per incontrare amici o da percorrere con i familiari in visita. Gli ospiti del Centro Diurno Integrato Villa Nappi possono beneficiare del senso di rilassamento dato dal verde e ricevere utili stimolazioni per utilizzare al meglio le attività legate all’ambiente esterno. La manutenzione diretta dei Giardini da parte degli utenti, poi, consente di ottenere sia benefici di tipo cognitivo (acquisizione di capacità e competenze tecniche), che sociali (possibilità di lavorare in gruppo), emotivi (aumento autostima ed autocontrollo), fisici (recupero o miglioramento delle capacità motorie), sia di identificazione proiettiva per le similitudini tra le piante e le persone come ritmi di vita che entrambi attraversano (nascita, crescita, morte) e per la percezione concreta del tempo che passa nella stagionalità della vita vegetale come strumento di accettazione e di integrazione in un ciclo vitale più ampio di quello individuale.

La caratteristica più innovativa dei giardini dell’Alzheimer  o giardini sensoriali è la presenza di uno spazio verde opportunamente studiato affinché l’utente possa muoversi liberamente ricevendo stimolazioni continue, ma soft, dei sensi. Il giardino sensoriale è realizzato in uno spazio ben delimitato che consente all’anziano una passeggiata all’aperto in condizioni di sicurezza. Il giardino ha percorsi sinuosi, senza incroci o cambi di direzione bruschi, generalmente ad anello chiuso in modo da non permettere all’anziano di perdersi, di provare stati di ansia o incertezza. I giardini sono pensati per la stimolazione sensoriale attraverso l’utilizzo di fiori colarati (vista), piante aromatiche (olfatto), voliere, fontane e diffusori acustici (udito) e urtoterapia (tatto).

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